mercoledì 31 marzo 2010

giovedì 25 marzo 2010

UN FANDANGO

A tutti voi questo fandango, perchè possa accompagnarvi nell'atmosfera della ballata di primavera... ...ad Antonellina in particolare che,con i suoi ricordi d'infanzia, mi ha fatto pensare a questo video, che magari la trasporterà tra le ginestre...e i canti gioiosi


venerdì 19 marzo 2010

AL MIO BABBO


L'anno scorso salutai il mio babbo, che non c'è più,
con questo post, che non comprendo il perchè
sia stato cancellato, fortunatamente è rimasta
la bozza che ripropongo.
(((0))))
Pensavo che fossero andati
perduti i vostri commenti
ed invece.....
forse il mio babbo ha voluto
questo per me..

(((0)))

Caro babbo,
forse questo modo di ricordarti nel giorno della festa del papà, è inusuale, ma è giusto che si sappia quanti papà hanno perduto la loro vita in quegli anni. Tu ti eri salvato, ma a che prezzo….Avrei voluto descrivere le sofferenze e le sevizie da te patite nei nove mesi di internamento in quel campo di concentramento, ma siccome tu non amavi parlarne, ricorderò solamente l’emozione del tuo ritorno.
Da tanti anni non ci sei più, ma sappi, che mai più da allora ho riso come quando c’eri tu….Le tue battute erano particolari, cariche di sottile umorismo ed ironia, che scaturivano da uno spirito osservatore della vita, che hai amato fino all’ultimo giorno.

Eri il mio babbo, severo, ma anche tanto dolce.

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...Tornò alla metà di maggio, quando ormai non pensavamo fosse ancora vivo, dopo avere viaggiato a piedi e con mezzi di fortuna, dalla Germania fino a Massa.
Eravamo da poco ritornati a scuola, che avevamo abbandonato per sette mesi, costretti a lasciarla a causa dei bombardamenti. Ero in classe. La giornata primaverile era piena di sole.

Le finestre erano aperte ed entrava un bel teporino.

Mi parve sentire la voce di mio fratello che mi chiamava.
Non compresi la ragione per cui non fosse anche lui a scuola (frequentava la terza media).
Poi sentii:
"Bruna, vieni a casa, è tornato il babbo."
L'emozione che provai fu talmente grande che poggiai la testa sul banco, scossa da un irrefrenabile pianto.
La maestra chiese cosa mi stesse succedendo e una mia amica spiegò la ragione.
Allora mi prese in braccio, mi strinse e quando mi calmai mi disse d'andare a casa per abbracciare il mio babbo.
Corsi fuori dove mi aspettava mio fratello e, mentre c'incamminavamo, mi disse che il mio babbo era stato internato in un campo di concentramento che si chiamava Buchenwald e che là, gli avevano fatto molto male ad una mano, deformandola.
Quando lo rividi, diedi sfogo a tutte le lacrime che avevo trattenuto per nove mesi, in cui non sapevo dov'era e dove l'avessero portato.
Mi abbracciò stretta e mi disse:
"Come sei cresciuta."